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L’ampia diffusione sugli scaffali dei nostri supermercati di alcuni prodotti alternativi a quelli a base di grano testimonia il crescente disagio alimentare di una parte consistente della popolazione (in USA la dieta senza glutine riguarda circa il 19% della popolazione!) verso questo cereale. In questo contesto si spiega anche la nascita di nuove filiere agro-alimentari che partono dalla coltivazione di vecchie varietà di grano tenero o grano duro a basso indice di glutine. La celiachia è una forma di intolleranza al glutine relativamente rara (1% della popolazione) che colpisce individui geneticamente predisposti danneggiando anche gravemente la loro mucosa intestinale attraverso meccanismi immunitari e autoimmunitari. Un’altra forma di intolleranza molto più frequente (6-10% della popolazione) è nota come sensibilità al glutine e si manifesta con gli stessi sintomi della celiachia (gonfiore intestinale, dolori addominali, sonnolenza, annebbiamento mentale, cefalea ecc.) ma non provoca danni intestinali né manifestazioni autoimmunitarie. Alla base della celiachia e della sensibilità al glutine c’è la nostra difficoltà a digerire completamente il glutine perché il nostro bagaglio di enzimi digestivi non comprende le prolil-endopeptidasi, con il risultato che i frammenti indigeriti di glutine una volta arrivati nell’intestino possono scatenare il quadro sintomatologico succitato. Per contenere la diffusione di queste intolleranze sono state proposte diverse soluzioni quali la somministrazione di prolil-endopeptidasi di origine batterica o fungina, il consumo di pane e pasta prodotti con farine/semole pre-digerite con lattobacilli oppure detossificate mediante trattamento con l’enzima transglutaminasi. Recentemente è stato dimostrato che il grano monococco (Triticum monococcum), una specie coltivata per oltre 6000 anni nell’area mediterranea e poi abbandonata nell’Età del bronzo, è incapace in alcuni casi di scatenare le reazioni immunitarie più precoci della celiachia. Inoltre, diversamente dal glutine di grano tenero, quello di grano monococco può essere completamente demolito dai nostri enzimi digestivi, come recentemente dimostrato in laboratori italiani. Sulla base di queste osservazioni, si ritiene che le farine di grano monococco possano essere particolarmente utili per la prevenzione delle intolleranze al glutine e nella formulazione di prodotti per il divezzamento. D’altra parte, l’osservazione che i frumenti teneri coltivati nella prima metà dello scorso secolo sono meno ricchi di proteine particolarmente aggressive per i pazienti celiaci e possiedono un indice di glutine molto più basso delle varietà attuali è stata associata alla crescita delle intolleranze e ha suggerito un diverso approccio nel processo di costituzione delle future varietà di grano.