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L’incontro coordinato dal prof. Rosario Di Lorenzo, presidente della Sezione Sud Ovest dell’Accademia dei Georgofili, ha affrontato i diversi aspetti di un genere letterario espressione della tradizione, della cultura e della saggezza di un popolo. Le relazioni hanno messo in evidenza il ruolo svolto dai proverbi per descrivere le attività agricole, nell’indirizzare le scelte e spiegare il comportamento degli agricoltori. Il proverbio ha accompagnato la nascita del volgare ed è fortemente presente nei documenti più antichi; ha svolto ancora una funzione importante nei testi del Cinquecento per poi perdere progressivamente terreno in campo letterario sino al recupero che ne hanno operato i veristi o, ancora più tardi, i prosatori mossi da intenti realistici. Sono stati questi ultimi ad averlo utilizzato soprattutto come strumento di espressione delle classi rurali, come segno linguistico che contraddistingue contadini e pescatori, e in un secondo tempo gli emarginati della società moderna. L’attuale classificazione dei proverbi permette di distinguere i proverbi didattici – come quelli che, ad esempio, ricordavano ai contadini i tempi della coltivazione, o aiutavano a prevedere i fenomeni atmosferici e l’andamento delle stagioni – dai proverbì metaforici che esprimono significati figurati spesso adattabili a molte situazioni e diversamente utilizzabili a seconda del contesto sociale, geografìco e culturale. Questi ultimi hanno in genere mostrato maggiore longevità per la possibilità di essere utilizzati in ambiti diversissimi. In realtà nel corso dell’evoluzione storica della lingua italiana il proverbio non ha mai avuto uno statuto davvero autonomo rispetto alle locuzioni idiomatiche, sia nelle raccolte letterarie sia negli studi. Se esaminano i manoscritti di Minà Palumbo, di Pitrè colpisce proprio la continua commistione di ciò che oggi consideriamo proverbio con quelle che sono locuzioni idiomatiche non proverbiali. Con l’affermazione della società industriale il proverbio è sempre più fenomeno periferico. Una prova del declino della produzione paremiologica è data dal fatto che sono rarissimi i proverbi affermatisi nella seconda metà del Novecento. È ancora presto per dire se e quanto il proverbio potrà svolgere una propria funzione linguistica in futuro: è probabile che altre forme di espressione idiomatica (rinnovate grazie all’apporto del lessico giovanile, influenzate dai mass media e dal modello dello slogan pubblicitario) stiano oggi sostituendo, anzi abbiano ormai fortemente oscurato, il proverbio. Nonostante ciò sia le relazioni che il partecipato dibattito che si è sviluppato hanno posto l’accento sulla centralità che nei proverbi in agricoltura e sul clima ha l’uomo e l’agricoltore. Partendo da questa considerazione è scaturito l’auspicio anzi la necessità che il ruolo centrale dell’uomo e dell’agricoltore continui a essere insegnato nei corsi universitari di agraria e rimanga ben presente nella formazione e nella cultura degli agronomi e nelle attività e nelle scelte in agricoltura.